PORTO CESAREO


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CENNI STORICI

PORTO CESAREO
SASINÆ PORTUS

la prima volta una traccia della storia di Porto Cesareo la troviamo in un libro di Plinio ("Naturalis Historia" libro III, 11, 99, 101) con il nome di " Sasinae Portus " cioè il Porto di Sasina. Come affermano diversi autori, si può ritenere che i primi abitatori di questo porto siano venuti dall'isola di Saseno, un'isola nella baia di Valona probabilmente tra il X e l' VIII secolo avanti Cristo. Bisogna ricordare che presso "Scalo di Furno" si erano avvicendate dal 18° sec. a. C. (età del bronzo) al 10° sec. a. C. diversi insediamenti di messapo-japigi. (La tradizione vuole che i Sasinesi fossero un gruppo etnico fiero e coraggioso, di audaci navigatori e pescatori che non si sottomisero ai Gallipolini, i quali erano anche gelosi per la pesca del tonno.)
Dal 1400 al 1483, il Porto di Cesarea era posseduto dal Principe di Taranto e Conte di Lecce Giovanni Antonio Orsini, e questi luoghi divennero un preferito ritrovo della corte salentina.
Nel 1483 Algerberto Del Balzo comperò l'intero feudo con la città di Nardò per 11.000 Ducati.
Nel 1500 Re Ferdinando di Aragona e la Regina Isabella di Chiaromonte concedono a Bellisario Acquaviva di Aragona la contea di Nardò ed il feudo di Pescaria in cambio dei servizi offerti da Bellisario nella guerra d’Italia. Sino alla fine del 1700 il Porto di Cesarea cadde in abbandono sia per la malaria che per le continue invasioni piratesche.
Il giorno 17 marzo del 1824 dinanzi al notaio Antonio Valente in Napoli, il Duca di Atri e Conte di Conversano, Girolamo Acquaviva d'Aragona vende, per 700 Ducati, al Barone Giovanni della Ratta di Lecce “
il totale dei Casamenti che possiede nel Comune di Nardò, e precisamente nel litorale di Cesarea, ed una casetta sullo scoglio”.
Nel 1847 il tribunale di Lecce su istanza dei fratelli Libertini, mette all’asta tutti i beni del Barone Ruggiero della Ratta (figlio di Giovanni), il quale aveva dilapidato al gioco tutta l’immensa fortuna accumulata dalla sua famiglia. Dal manifesto del Tribunale, vediamo che sulla “
spiaggia di Cesarea “ vi sono “tre casamenti” e precisamenteuna locanda provvista di forno, molino e stallail secondo consiste in due camere “per uso di ricovero dei marinari” il terzo è la cappella completa degli arredi sacri. Il valore attribuito dai periti a tutti gli immobili “siti sulla spiaggia di Cesarea” è di 1697,49 ducati. Questi beni verranno aggiudicati ai signori Giuseppe de Paolis e Vincenzo Berardini. (Il manifesto è conservato presso l’Archivio di Stato di Lecce.)
L’anno successivo, il 25 settembre 1848 dinanzi al notaio Giovanni Rizzo di S. Pietro in Lama, i signori De Paolis e Berardini cedono a Don Francesco Muci, un ricco signore di Nardò, tutta la proprietà sita nella
spiaggia di Cesarea. In questo atto la descrizione dei “casamenti” è più dettagliata infatti leggiamo“Una locanda confinante da oriente a mezzodì col lido del mare Ionico composta di vari membri inferiori per uso di abitazione dei passeggeri, stalle, mulino in ordine, forno, stanze per i marinai, cucina, cisterna, con una stanza ad uso di bettola; nonché altri locali attaccanti da settentrione con la suddescritta locanda ma che si affittano separatamente dalla stessa e da oriente col lido del mare Ionico,, nei quali locali vi è un’altra cisterna dentrovi si comprende ancora nei suddetti beni assegnatili in quelle adiacenze una cappella con arredi sacri, costituiti da 14 candelieri, un Crocefisso, ... Messale dei Santi ed un campanello per assistere alla celebrazione della messala suddetta cappella confina da ponente con la Torre del Governo e da tramontana con la casa di don Antonio Gorgoni di Leveranopiù furono assegnati due stanze con cisterna dentro, denominate Casa delle Cozze, addette all’uso dei marinai, poste sulla stessa spiaggia di mare all’occidente della Torre, confinante da ponente col lido del suddetto mare Ionico, da scirocco con la Torre di Governo e da tramontana con i beni del pre-menzionato sig. Gorgoni, più un fondo macchioso, appellati demanio, dall’estenzione di mogge legali 27, vi si comprende un’abitazione di due stanze ed un fondo rustico di mogge legali 6, siti nell’isola denominata “Lo Scoglio” che vien divisa dal continente Cesareo per mezzo di un canale di mare, confinante quindi da tutti i lati con il predetto mare Ionico.” ... “La vendita di tutti i suddetti locali si è conchiusa e stabilita per la somma di ducati 1000.” Nel 1898 Mosè Muci, figlio di Francesco, avvia una prima lottizzazione della penisola di Porto Cesareo. Da questo punto quindi la storia di Porto Cesareo diventa storia recente. Agli inizi del 1900 furono costruite le prime case intorno alla Torre che segnarono l'inizio della fortuna di questo porto.


LA SATUA DI THOT

Il 12 gennaio del 1932, il pescatore Raffaele Colelli di Porto Cesareo insieme con il fratello Chicco Colelli e l'amico Eupremio Alemanno, all' altezza dello scoglio della "Malva" a circa 5 metri di profondità, pescano con la loro rete una statuetta alta 36 cm. che sembra raffigurare una scimmia. La Statua viene presa in consegna dal Delegato di Spiaggia, il Brigadiere Luigi Caputo, il quale redige una precisa relazione . Spedita al Museo Archeologico di Taranto a spese del Colelli (lire 24,25), la statua viene sottoposta all'esame del direttore del Museo Egizio di Torino, Professor Giulio Farina, il quale redige una breve perizia. Dopo circa due anni e dopo una lettera di sollecito spedita dal Colelli al Museo Archeologico di Taranto, al pescatore viene riconosciuto un assegno di Lire 549,50, rappresentante il valore attribuito alla statua. Questa statua in basalto verde rappresenta un reperto di grande interesse. Thot è una complessa divinità egiziana, rappresentata generalmente in forma di scimmia Cinocefala o di Ibis, e la si può identificare con l'Hermes Greco o il Mercurio Romano. Questa divinità presiedeva alla scansione del tempo collegato alla Luna, ma era anche il protettore degli Scribi, e svolgeva un ruolo importante nel mondo degli Inferi e nel culto dei Morti. Sulla base della statua c'è un'iscrizione in caratteri geroglifici che è da leggersi ..
". . . . NBW HMN.W NBW NSR - MWTW.W NRJ - JBJ RJ - NFR " e cioè :
Padrone di Hmôn (Hermopolis luogo di origine della statua), Signore delle Parole di Dio (Scritti Sacri), ospitato in Re-Nofer (Onufis località nel delta del Nilo). Questa statua si può attribuire al periodo Saitico della XXX dinastia del VI secolo a.C. E' probabile che la statua facesse parte del carico di una nave oneraria romana che, a causa di difficoltà intervenute durante la navigazione lungo la costa salentina ionica. Nel 1990 la statua è stata rimessa a nuovo dalla Dottoressa Giovanna Basile, ed ora fa bella mostra di sé nel Museo Archeologico di Taranto

LE COLONNE ROMANE DI TORRE CHIANCA

Nel Luglio del 1994, su incarico della Soprintendenza Archeologica della Puglia, è stata condotta una ricognizione al largo dell'insenatura di Torre Chianca, per il rilevamento delle colonne di epoca romana sommerse. Le operazioni sono state condotte dall'Associazione " Graecale ", nelle persone della dott.ssa Maria Delia Botticelli e della dott.ssa Angela Zaccaria; degli operatori subacquei Giuseppe Garofalo, Saverio Martiradonna, Gian Luigi Miolla, Angelo Raguso, Sandro Spinazzola, e coadiuvate dal nucleo sommozzatori della Guardia di Finanza, 17° Stazione Navale, alla presenza del Maggiore Guido Capra. Sono state individuate, alla profondità di circa 5 metri, cinque colonne affiancate parallelamente una all'altra. Queste colonne appaiono monolitiche in marmo cipollino; la lunghezza si aggira sui 9 metri, il diametro oscilla dai 70 centimetri ad un metro. Il marmo cipollino (marmor carystium), era usato come pietra di decorazione nell'antica Roma, ricco di venature ondulate e tortuose, è di un bel grigio verdognolo. (Una colonna analoga si trova nella cripta della cattedrale di Otranto. ) Le colonne si presentano rozzamente sbozzate, e probabilmente erano prodotti semilavorati che venivano completati nei luoghi di messa in opera, secondo una prassi comune nell'antichità. Il fatto che le colonne si presentano ordinate e parallele, fa pensare ad un naufragio che avrebbe consentito alle colonne di rimanere adagiate, così come si trovavano disposte nella stiva di bordo. Volendo datare approssimativamente le colonne, si potrebbe attribuirle ai primi secoli dopo Cristo, quando già i Romani erano maestri nello scolpire marmi provenienti dall'Oriente. Al di sotto della prima colonna di sinistra è stato individuato un manufatto di metallo di forma triangolare di circa 50 centimetri di lunghezza con numerose scanalature, che potrebbe essere la prua della nave. Il fondale circostante si presenta ricco di cocciame di vario genere.


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